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Pellegrino Artusi (1820-1911) , grande gastronomo, ha scritto uno dei libri di cucina più letti in Italia. "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" pubblicato per la prima volta nel 1891 conta un gran numero di edizioni e una vastissima diffusione. Il libro contiene 790 ricette accompagnate da riflessioni e aneddoti che ne rendono particolarmente piacevole la lettura.

E' un libro che rileggo spesso e che regalo molto volentieri alle appassionate di cucina. Una delle ricette che servo spesso ai miei ospiti è il baccalà montebianco, Artusi dice che è una ricetta francese  la "Brandade de morue" e, come spesso fa, prende in giro i francesi per la loro mania di dare nomi pomposi anche alle ricette più semplici (chissà cosa avrebbe detto il nostro Artusi se avesse potuto leggere i menù di certi ristoranti). Questo baccalà è, dunque, uno dei miei cavalli di battaglia, lo servo sia con la polenta grigliata che con crostini di pane, ultimamente l'ho servito con le panelle siciliane. Queste ultime l'ho assaggiate l'ultima volta che sono andata in Sicilia, mi sono talmente piaciute che, appena tornata, sono andata alla ricerca della farina di ceci e le ho rifatte. Dunque dò la parola, o meglio, la penna al grande Artusi che descriverà la ricetta del baccalà montebianco.

"Com'è bizzarra la nomenclatura della cucina! Perchè montebianco e non montegiallo, come apparisce dal suo colore quando questo piatto è formato? E i francesi come hanno potuto, facendosi belli di un traslato dé più arditi, stiracchiare il vocabolo corrispondente in Brandade de morue? Brandade, dicono essi, deriva da brandir, muovere, scuotere, vibrare una spada, un'alabarda, una lancia ed armi simili, e infatti qui si brandisce; ma che cosa? Un povero mestolo di legno. Non si può negare che i francesi non sieno ingegnosi in tutto!  Comunque sia, è un piatto che merita tutta la vostra attenzione, perchè il baccalà così trattato perde la sua natura triviale e diventa gentile in modo da poter figurare, come principio o trasmesso, in una tavola signorile.
- Baccalà polputo, ammollito, grammi 500.
- Olio sopraffino, grammi 200.
- Panna o latte eccellente, decilitri 1.
La detta quantità nettata dalla spina, dalle lische, dalla pelle e dai nerbetti, che si presentano come fili, rimarrà al pulito grammi 340 circa.
Dopo averlo così curato, pestatelo nel mortaio e poi ponetelo in una cazzaruola, insieme con la panna, sopra a un fuoco non troppo ardente, rimestando continuamente. Quando avrà assorbito la panna, o latte che sia, cominciate a versar l'olio a centellini per volta, come fareste per una maionese, sempre lavorandolo molto con l'arma brandita, cioè con il mestolo, onde si affini e non impazzisca. Levatelo quando vi parrà cotto al punto e servitelo freddo, con contorno di tartufi crudi tagliati a fette sottilissime, oppure con crostini di pane fritto, o crostini di caviale. Se è venuto bene non deve ributtar l'olio quando è nel piatto. Questa quantità potrà bastare per otto persone.
"

A dire la verità io non brandisco niente perchè metto la polpa del baccalà, dopo che ha assorbito la panna o il latte, nel robot e verso l'olio come per la maionese.

E adesso passiamo alle panelle.

Prendete la farina di ceci, io ho comprato quella delle "Farine Magiche" e mi sono trovata bene, seguite le istruzioni poste sulla scatola, la farina va messa nell'acqua fredda, si mette sull fuoco e si comincia a girare come per la polenta. Ci vogliono 15 minuti per la cottura, prima di ritirare dal fuoco salare, pepare e incorporare del prezzemolo tritato. Stendere l'impasto su una teglia ricoperta da carta da forno livellando bene la superficie, ad un'altezza di circa 1 cm. e far raffreddare completamente. Quando l'impasto sarà freddo con una spatola tagliare dei rettangoli, friggere le panelle in olio ben caldo. Con il baccalà formate delle quenelles e disponetele sulle panelle, servite subito.